di Armando Torno, in: <Corriere della Sera>, 9 settembre 2003.
C'è un racconto di Giovannino Guareschi dal titolo Commercio, raccolto nel 1953 in Don Camillo e il suo gregge, dove si narra di una discussione sull'esistenza o meno del Paradiso. Il vecchio Molotti, che ha già passato i novanta, compera l'anima del Nero, «rosso come il fuoco e uno dei più scalmanati della banda di Peppone». Il compagno ha fatto un buon affare, perché ha ricavato mille lire dalla vendita di una cosa che per lui non esiste. Però, un certo giorno, il Nero non riesce più a dormire.
di Roberta De Monticelli, in: <Il Sole-24 Ore>, domenica 31 agosto 2003.
Il dibattito in corso sul luogo della nostra mente nell'ordine della natura, che trova così ampio riscontro, da anni, anche su queste pagine, potrebbe essere illustrato da un ulteriore punto di vista. «Anima» e «spirito», che pure in una loro superstiziosa, spettrale accezione compaiono a volte come fumosi sinonimi di «mente» o «psiche» nelle teorie dei dualisti, sono parole boccheggianti, anche e soprattutto nel linguaggio comune. Perché? Una risposta certamente degna di essere discussa, anche per la sua chiarezza e la profondità delle sue implicazioni, viene offerta dal recente libro di Marco Vannini, La morte dell'anima.
Giandomenico Mucci, I cattolici nella temperie del relativismo, Jaca Book, Milano 2005, Cap. tredicesimo: “La mistica come crocevia del post-moderno”, pp. 377-394 [ apparso come articolo, col medesimo titolo, su <La Civiltà Cattolica> del 5 ottobre 2002, n. 3655, pp. 3-12].
Armando Matteo, Della fede dei laici. Il cristianesimo di fronte alla mentalità post-moderna, ed. Rubbettino, Soveria Mannelli 2001, pp. 107-114: Il cristianesimo dello spirito secondo Marco Vannini.
Bruno Forte, C'è mistica senza il volto di Dio? in: <Il Sole-24 Ore>, domenica 23 gennaio 2000 [con riferimento alla discussione su Il volto del Dio nascosto del 28 gennaio, presso l' Abbazia di San Miniato al Monte, con Bruno Forte, Sergio Givone, Mario Luzi, Marco Vannini]. Anche: Chiara Bartolini, Indagine nella mistica da Omero alla Weil, in : <Il Giornale della Toscana>, 28 gennaio 2000.
Elmar Salmann, in Presenza di spirito, ed. Messaggero, Padova 2000, cap. 10: <Presenza e critica. Sulle affinità elettive tra filosofia e mistica>, pp. 228-233.
Giorgio Montefoschi, in: <Corriere della Sera>, 21 giugno 1999, p. 27
Le riflessioni del teologo tedesco: una delle figure più controverse dello spiritualismo medievale. Ora viene riscoperto, mentre l'editoria punta sui mistici
Della sua vita si è sempre saputo molto poco. Nacque, attorno al 1260, da una famiglia della piccola nobiltà sassone ed entrò giovanissimo nel convento dei domenicani di Erfurt. Studiò a Colonia e a Parigi. Visse tra Parigi, la Sassonia e Strasburgo, ricoprendo incarichi importanti: vicario generale della Teutonia, magister.
di Gianfranco Ravasi, in: <Il Sole-24 Ore>, domenica 9 maggio 1999.
«Tutti i mistici sono pericolosi da leggere, ma è un bel rischio che si deve correre». Così scriveva un famoso teologo svizzero divenuto cardinale, Charles Journet (1891-1975). Quanto abbia ragione lo si evince dalla lettura di Meister Eckhart, un domenicano sassone nato attorno al 1260, magister a Parigi, processato presso la corte papale di Avignone, ove forse muore nel 1328. Il 27 marzo 1329 papa Giovanni XXII con la bolla In agro dominico condannava 28 proposizioni del Maestro, il cui pensiero — spesso incandescente — dilagava ormai come lava ardente nel cuore e nella mente di molti, non di rado coagulato in stampi deformi e persino devianti o apocrifi. Già un suo discepolo e grande autore mistico, Giovanni Taulero (1300-1361), bollava l'equivoco in cui era incorsa l'ermeneutica delle tesi di Eckhart: egli parlava dal punto di vista dell'esterno, ma veniva inteso dal punto di vista del tempo.