Meister Eckhart - Commento al vangelo di Giovanni
Meister Eckhart - Commento al Vangelo di Giovanni, Bompiani, Milano, 2017, pagine 1090, euro 40,00
«L’amore di se stesso, l’amore del bene personale: questa è la radice di ogni male, l’‘albero cattivo che dà frutti cattivi’ (Mt 7, 17).
In ogni opera, anche nel male, e nel male sia in quanto alla pena che in quanto alla colpa, si mostra e risplende ugualmente la gloria di Dio».
Del magistero universitario parigino del domenicano tedesco Eckhart (1260-1328 ca.), chiamato dai contemporanei proprio Meister, ovvero magister, questo Commento al vangelo di Giovanni è senza dubbio l’opera maggiore e più rilevante, giunta fino a noi dopo l’oblio di molti secoli: non a caso è da essa che sono state estratte alcune delle proposizioni più sconvolgenti tra quelle condannate come eretiche dalla Bolla papale In agro dominico (1327).
Il testo giovanneo – il vangelo di Dio come spirito e dell’uomo parimenti come spirito – permette infatti al magister di sviluppare appieno la sua dottrina mistica fondamentale: la generazione del Logos nell’anima dell’uomo completamente distaccato, che diviene così uomo divino, come il Figlio.
Contro l’esclusivismo biblico, Eckhart afferma che la stessa luce ha sempre illuminato e illumina tutti i popoli – pagani, ebrei, cristiani –: “Mosè, Cristo e il Filosofo [Aristotele] insegnano la stessa cosa, che differisce soltanto nel modo, cioè in quanto credibile, dimostrabile o verosimile, e verità”.
Difendendo il primato della ragione che si fa spirito, il domenicano interpreta perciò la Scrittura in modo che essa sia sempre in accordo con la filosofia classica.
Non meraviglia quindi che tanto pensiero occidentale, da Cusano ad Hegel, si sia nutrito dell’opera di quello che Heidegger chiamò Lebemeister, maestro di vita, ben più che Lesemeister, professore.
Nel corso di mezzo secolo, Marco Vannini (1948) ha tradotto tutti gli scritti, tedeschi e latini, di Eckhart.
Il fine di questo lavoro è da un lato di ordine storico: restituire visibilità a un grandissimo filosofo, la cui memoria era stata quasi del tutto cancellata, dalla condanna ecclesiastica prima e dal disprezzo gettato dagli incompetenti sulla “mistica”, poi.
Dall’altro – e più importante – lato, è però di ordine esistenziale, psicologico e spirituale: Eckhart insegna infatti a conoscere quel “fondo dell’anima” che è l’essere vero dell’uomo, là dove soltanto si vive nella libertà propria dello spirito e si gioisce di illimitata, incondizionata beatitudine.
Su questo tema cruciale, che va evidentemente ben oltre la storia del pensiero medievale, Marco Vannini ha pubblicato, per Bompiani: Prego Dio che mi liberi da Dio. La religione come verità e come menzogna (2010); Oltre il cristianesimo. Da Eckhart a Le Saux (2013) e, in questa stessa collana, Meister Eckhart, Commenti all’Antico Testamento (2012 ); Teologia tedesca. Libretto della vita perfetta (2008), opera di quell’Anonimo Francofortese da cui prese ispirazione Martin Lutero. In proposito, ricordiamo perciò anche il suo recentissimo Contro Lutero e il falso evangelo (Firenze, 2017).