Il Santo Spirito fra religione e mistica

Sezione: 

Il Santo Spirito fra religione e mistica, Morcelliana Editrice, Brescia 2013.

La contrapposizione di religione e mistica schiera – come nota Fichte – dogmatici e idealistici, gli uni difensori di una verità oggettiva, gli altri del libero procedere dell'intelligenza che incessantemente coglie la propria finitezza. Queste pagine – introiettando la lezione del mondo greco (Plotino), cristiano (Paolo e la patristica), e della teologia e filosofia tedesca (Eckhart, Silesius, Hegel) – vanno al cuore della problematica mostrando la dialettica interna tanto all'illuminismo quanto al cristianesimo: in entrambi ateismo è negazione di un Dio ridotto a idolo, ma è anche il movimento stesso della ragione e della fede che, riflettendo su questo paradosso, si spingono oltre. È il caso della grande tradizione mistica, qui ripresa e elaborata: un sapere e credere – per niente affatto "misterioso" – che non si oppone alla chiarezza della ragione ma rifiuta di annullare Dio asservendolo a "soggetto" o "oggetto"; una via che riconduce allo Spirito, in un distacco intellettuale prima che materiale. Spirito interpretato dall'autore come Logos universale: libertà, per ognuno, di disoccultare l'infinita apertura dell'essere, di Dio, che «è dappertutto e in nessun luogo».


INTRODUZIONE

Nel discorso inaugurale alle sue lezioni di Heidelberg, Hegel si rivolgeva ai suoi uditori chiedendo loro niente altro che la fede. Ma non si trattava della fede in quanto credenza, bensì della fede in quanto fiducia, ovvero “il coraggio della verità”, “la fede nella potenza dello spirito”. L’uomo – diceva il filosofo – deve infatti “avere la più completa fede nella grandezza e potenza del suo spirito”, perché “egli è spirito”, per cui, di fronte a questo coraggio e a questa fede, niente può celare il suo intimo.

Non è difficile rinvenire dietro questo appello l’evangelico “lo spirito vi condurrà a tutta la verità”, ovvero le parole con cui Gesù si congeda dai suoi amici, dopo aver detto loro che deve andarsene, lasciarli soli, perché altrimenti non può mandare loro lo spirito ( Gv 16, 7-13), che infatti consegna loro solo nella morte, “spirando” ( Gv 19, 30).

A distanza di due secoli, l’appello di Hegel appare davvero come quello dell’ultimo filosofo cristiano. Che Dio sia spirito (Gv 4, 24) e che anche l’uomo sia spirito, giacché chi è unito al Signore è con lui un solo spirito (1 Cor 6,17) oggi suona infatti incomprensibile, tanto ai laici, quanto – quel che è peggio – ai “credenti”.

Il concetto di spirito è oggi scomparso, tanto dalla religione quanto dalla antropologia. Non esperito come sostanza stessa dell’uomo, realtà qui ed ora presente, lo spirito finisce in una sorta di mitologica evanescenza, puramente retorica. E così si perde la verità dell’uomo, ridotto a corpo e a psiche, e, insieme, la verità di Dio, ridotto a ente-altro – quale è solo per i peccatori, come insegnava Meister Eckhart. E dove permane l’altro, l’alienum e dunque l’incognitum, non c’è vita, ma morte - concludeva significativamente il filosofo e mistico medievale.

Argomento di questo libro è il Santo Spirito: lo spirito che è Dio, ma anche lo spirito che è l’uomo - amore che su tutto si estende, intelligenza che tutto comprende. Convergono in queste pagine mistica e filosofia, giacché – proprio come rilevava Hegel – il mistico non è altro che lo speculativo, lo spirituale, al di sopra dei contrari, e l’anima del filosofare è la fede, distacco, potenza del negativo, capace di condurre, di grado in grado, fino al riconoscimento che, sì: tat tvam asi , “questo tu sei”, spirito nello spirito.

Al Santo Spirito – così, con l’aggettivo che latinamente precede il nome – a Firenze è dedicata la chiesa degli agostiniani, capolavoro brunelleschiano, che guarda la omonima piazza, isolata e silenziosa, in Oltrarno. Negli otto secoli della sua storia, Santo Spirito ha visto molte cose, ma soprattutto è stata la culla dell’ Umanesimo, in quei “colloqui” che videro ecclesiastici e laici, popolani e uomini di cultura, riuniti a discutere delle cose divine et humane.

A Santo Spirito, e ai Convegni che per un quarto di secolo, a cavallo del secondo millennio, hanno raccolto lì il meglio della cultura italiana a discutere, ancora una volta, delle cose divine et humane, questo libro deve la sua prima origine, e all’animatore di quei Convegni è perciò dedicato.*


* Cfr. La fede pensata. Padre Ciolini nella Chiesa fiorentina , a cura di M. Vannini, Le Lettere, Firenze 2010.