Lessico Mistico
Lessico Mistico. Le parole della saggezza, Le Lettere, Firenze 2013.
La mistica è la vera erede e continuatrice della filosofia classica, nel suo senso originario e autentico di ricerca della saggezza – esercizio di vita ed esercizio di morte, secondo la definizione di Platone.
Ben oltre ogni riduzione del mistico al misterico, all'esoterico, questa consapevolezza, recentemente messa in evidenza anche da Pierre Hadot, riporta la mistica alla sua reale dimensione, che è l'universale della ragione, ovvero ciò che è propriamente umano.
Il presente Lessico prende in considerazione circa settanta parole – in ordine alfabetico da Abbandono, Amore, Anima, fino a Uno, Visione, Volontà, Vuoto – del nostro linguaggio di cui spesso non si percepisce più, ovvero non si conosce, il significato profondo. Illustrandone il loro uso nella tradizione mistica, si rende più agevole l'accesso ai testi dei grandi maestri dello spirito, antichi e moderni, e, nello stesso tempo, si indica la possibilità di percorrere in prima persona il cammino della interiorità, della saggezza, della beatitudine.
Niente ti darà refrigerio, se non scaturisce dall'anima tua.
J. W. Goethe, Faust.
Premessa
Presentando un Lessico mistico è doveroso premettere cosa si intenda per mistica. Ciò è tanto più necessario in quanto la parola è suscettibile di significati molteplici, diversi e finanche opposti.
Diciamo perciò innanzitutto che questo Lessico concerne la mistica solo nel suo senso spirituale, per cui non si deve cercare in esso niente di irrazionale, esoterico, paranormale, eccezionale.
La parola “mistica” è, infatti, spesso utilizzata per indicare una esperienza, o serie di esperienze – visioni, audizioni, ecc. – di carattere tanto personale, non comune, quanto irrazionale, ovvero che non riguardano l’uomo nella sua normale, comune, universale essenza umana, ma con le quali si ritiene ottenere conoscenze impossibili alla comune razionalità[1] . Tale significato vale sia per coloro che attribuiscono a tali esperienze valore di verità – rivelazioni <soprannaturali> - quanto a chi le ritiene invece di carattere allucinatorio, patologico.
Tale significato è assolutamente erroneo, sia sul piano storico sia su quello teorico. Sul piano storico, esso è prevalente solo negli ultimi tre-quattro secoli, ossia a partire dalla fine del ‘600, quando la condanna papale di Fénelon[2], nel 1699, completò quell' opera di rimozione della mistica iniziata pochi anni prima con la condanna di Molinos e dei cosiddetti “quietisti” [3]. Da allora la mistica è stata tagliata fuori non solo dalla vita cristiana, ma dal rapporto con la razionalità, con la scienza, con la cultura, restando solo come terreno riservato a pochi – non si sa bene se eletti o malati. Tale significato è comunque estraneo nella lunga storia della mistica, che inizia in Occidente con i primi poemi greci e in Oriente con gli altrettanto antichi testi indiani[4].
È certo che il pensiero e l’opera delle grandi figure della tradizione spirituale, tanto occidentale quanto orientale – da Plotino a Patañjali a Giovanni della Croce – non hanno niente a che fare con spiritismo, tarocchi, funghi allucinogeni e simili, cui, anzi, profondamente ed essenzialmente si oppongono.
Mistica è parola di origine greca, la cui etimologia rimanda al verbo myein, che indica la chiusura , innanzitutto degli occhi, e quindi il riserbo, la riservatezza, ma anche la calma, l’acquietamento del dolore. Mistico è ciò che è connesso al mistero, cui il mystes è l’iniziato, cui si deve il riserbo, perché non sia svilito da chi non è preparato a comprenderlo, ma che può dare a tutti – uomini e donne, liberi o schiavi – quella liberazione dal dolore, quella beatitudine, che si ha ri-conoscendo la vera natura umana, nascosta dietro la superficiale apparenza.
Riservatezza, profondità, universalità, beatitudine, conoscenza, sono perciò le caratteristiche storicamente originarie ed essenziali della mistica, che essa ha mantenuto nei secoli, nonostante le numerose deviazioni e storture.
Ciò che è vero sul piano storico, lo è ancor di più su quello teorico. Schematicamente, e solo per introduzione, diremo che la riservatezza è legata al carattere speculativo della mistica, “indicibile” non perché si tratti di chissà mai quali sensazioni incomunicabili, ma solo perché il linguaggio comune, la normale proposizione soggetto-predicato, non riesce in nessun caso a tenere insieme gli opposti – ad esempio il divino e l’umano, la giustizia e il peccato, ecc.
Dialogando con il “selvaggio”, ossia l’uomo rozzo, Suso dice:
“Ti dico ancora di più: tranne che l'uomo non comprenda due contraria, cioè due cose contrarie congiuntamente in una, in verità, senza alcun dubbio, non è molto facile parlare con lui di tali cose; perché, quando egli comprende ciò, allora solamente ha percorso la metà del cammino di vita che io intendo”[5].
Si capisce perciò la comune opposizione tra misticismo e logica, se per logica si intende solo quella aristotelica, o la logica matematica, di cui si servono i nostri calcolatori – macchine incapaci di pensare insieme gli opposti. Il fatto è però che l’intelligenza umana, nel suo aspetto più profondo, è capace di farlo e perciò Hegel riconobbe che la mistica non è altro che la dialettica, ovvero il pensiero speculativo, capace di tenere insieme, senza confusione, gli opposti[6].
La indicibilità della mistica, per la quale dunque è spesso opportuno il silenzio, è la “indicibilità” con cui si scontra già il capolavoro della dialettica antica, il Parmenide di Platone, e non a caso la lettura e il commento a tale capolavoro era elemento primario ed essenziale della riflessione dei grandi mistici antichi, che erano anche grandi filosofi , come ad esempio Plotino e Proclo.
Mistica e razionalità, mistica e filosofia, non sono infatti termini e concetti opposti, come crede l' opinione volgare, ma, al contrario, profondamente uniti. Sono “mistiche” nel senso sopra indicato, le menti speculative più potenti di ogni tempo – Platone, Plotino, Agostino, Eckhart, Cusano, Bruno, Spinoza, Hegel, Nietzsche, Wittgenstein, tanto per fare qualche nome in Occidente, o Sankara, Patañjali, Nagarjuna, per toccare l' Oriente - e mistica è la filosofia in se stessa, nel suo senso originario ed autentico [7].
Come si specificherà nelle voci di questo Lessico, mistica è, infatti, la dimensione propria dello spirito, l’essere proprio dello spirito – concetto comprensibile solo con una antropologia tripartita, che abbia esperienza non solo di corpo e anima, ma anche di una realtà più profonda dell’essere: quella che, appunto, è indicata col termine “spirito” - pneuma, spiritus, atman, ecc., - di cui la componente noetica, l’intelligenza, è parte determinante.
In quanto lo spirito è il profondo dell'uomo, ricoperto dal superficiale psicologico, la mistica consiste nell' esercizio del distacco - eliminare l'accidentale per giungere all' essenziale : scolpire la propria statua, togliendo via le scorie che la ricoprono, secondo la bella immagine di Plotino[8], ed è nel distacco e per il distacco che gli opposti scompaiono, ovvero la loro finitezza viene superata nella vita dello spirito.
In quanto esperienza dello spirito, la mistica è quella conoscenza di se stessi che l' Apollo delfico indicava come primo dovere: “Conosci te stesso”. Non conoscenza psicologica, ovvero di questo “io” che mi trovo accidentalmente ad essere in questo momento, diverso da quello di tutti gli altri tempi e diverso da quello degli altri esseri umani, ma conoscenza spirituale, ovvero della essenza umana universale, identica in tutti i tempi e in tutti i luoghi.
Questo spiega come mai la mistica sia sostanzialmente la stessa, in Occidente come in Oriente, nel remoto passato come nel presente, attraversando immutata culture e religioni diverse e per tanti versi opposte: “La verità mistica è una, come la verità aritmetica o geometrica”[9].
Non v'è dubbio, infatti, che i percorsi dell’intelligenza umana alla ricerca della verità, del Bene, siano sostanzialmente gli stessi e conducano ai medesimi esiti. Non a torto agli inizi della filosofia – e della mistica – greca, Eraclito[10] oppone alle sensazioni e alle opinioni particolari[11], che illudono i “dormienti”[12], l’universale Logos - comune a tutti gli uomini, all’uomo e al dio[13].
L’esperienza mistica è infatti comprensione che la realtà più profonda dell’uomo - Logos, spirito - non è diversa dalla realtà del mondo e di Dio, e perciò la mistica è essenzialmente esperienza dell’ Uno.
“Ascoltando non me ma il Logos, è saggio convenire che tutto è Uno”, scrive Eraclito[14], contrapponendo alla privata opinione l’universale della ragione, e questo pensiero percorre immutato la mistica di tutti i tempi, da Occidente ad Oriente.
L’Uno non è l’indistinto, non fa perdere le differenze specifiche, ma è il Tutto, unito da quel Logos che è, anche etimologicamente, legame, legge, ovvero ragione che lo tiene saldamente insieme e lo rende un kòsmos, ovvero ordinato e bello.
In quanto esperienza dell’ Uno-Tutto, ordinato e bello, la mistica è in primo luogo esperienza di beatitudine, ovvero di una condizione non accidentale, non dipendente dalle circostanze, come invece la felicità o il piacere, che riguardano rispettivamente l’anima e il corpo, ma ontologicamente diversa, sostanziale e immutabile, propria dello spirito.
Per lo stesso motivo, la mistica è pensiero del Bene, ovvero comprensione, che esclude il pensiero del male, ovvero il pensare male , che è tanto non-pensare quanto provare male, essere malus - malato, malvagio[15].
Infine, riassuntivamente, in quanto esperienza dell’ Uno la mistica è ablatio omnis alteritatis, rimozione di ogni alterità, come diceva Cusano.
Dell’alterità del mondo, del quale il mistico si sente invece parte , - di qui il sentimento della bellezza, bontà, divinità della natura, che tanto spesso ha sollevato contro la mistica l’accusa di panteismo.
Dell’alterità degli altri esseri umani, tutti, per cui “il bene degli altri ti diviene assolutamente caro come il tuo, per niente di meno”[16].
Dell’alterità, infine e soprattutto, di Dio, che non è pensato più come un essere-altro, che si può affermare o negare secondo le caduche opinioni, ma come realtà più profonda di noi stessi.
Ciò spiega il complesso rapporto che la mistica ha con le religioni e con la religione in quanto tale, di cui rappresenta tanto il cuore quanto la negazione, ovvero il superamento, nel senso preciso della hegeliana Aufhebung, e perciò anche la sua stretta parentela con l’ ateismo – un ateismo tutto particolare. Non si deve pensare, infatti, che la mistica sia solo una parte della religione: si tratta casomai del contrario: la religione è una parte della mistica – la parte inferiore, ingenua e rappresentativa – ma è la mistica ad avere in sé quell' elemento speculativo, ovvero spirituale, che è l' elemento di verità anche della religione[17]. È certo, comunque, che la mistica non si esaurisce nell'ambito delle religioni positive né, tantomeno, è appannaggio di una sola di esse, ma vive anche al di fuori delle religioni, ovunque vi sia apertura all' Assoluto.
In proposito si deve anzi rilevare come il tenere la mistica sotto l'egemonia del dogma – stabilito su base metafisica, come era nel passato, o scritturistica, come è al presente - per neutralizzarne la carica liberatoria, abbia potentemente contribuito a gettare il discredito sulla mistica stessa, ridotta così a sfera emozionale, soggettivistica e irrazionale.
All' interno di questa sfera si situa la definizione di mistica come cognitio dei experimentalis, con l' assurda distinzione naturale-soprannaturale[18] - come se, all' interno della “natura”, fosse possibile una sorta di sfondamento e passaggio nel “soprannaturale”.
Distinzioni come quella tra “mistica naturale” e “soprannaturale” sono inconsistenti tanto teoreticamente quanto storicamente e si spiegano con la volontà di mantenere una sorta di monopolio del “soprannaturale”, del “divino”, ridotto a cosa determinata e in tal modo controllabile.
I termini qui presentati sono posti in ordine alfabetico, indipendentemente dal loro rilievo, senza pretesa di una completezza praticamente impossibile, giacché la mistica riguarda la vita intera, che sarebbe davvero presuntuoso pretendere di descrivere compiutamente in un libro.
Esso ha il fine, più modesto, di introdurre al pensiero e all'esperienza mistica, quale essa si presenta nei suoi tratti fondamentali, sostanzialmente uguali nei secoli, aiutando a comprendere i grandi mistici, alla cui lettura e meditazione si rimanda in primo luogo. Ad alcuni di essi – senza comunque dimenticare moltissimi altri - si fa particolare riferimento: da Platone, fondatore della mistica in Occidente, a Plotino, il maestro dell' Uno, e da lui al Agostino - numquam satis laudatus, come diceva Lutero - e poi ad Eckhart, “figura normativa di vita spirituale” [19], a Giovanni della Croce, Dottore mistico per eccellenza della chiesa cattolica, a Sebastian Franck, “ultima grande figura del cristianesimo moderno”[20], ad Angelus Silesius, il cui Pellegrino cherubico è stato definito giustamente “grande raccolta della mistica occidentale”[21], fino a Simone Weil, esperienza religiosa più profonda del nostro tempo.
Solo per ragioni di competenza, oltre che di spazio, e non certo per una pretesa esclusivistica, ci siamo qui limitati al mondo classico e cristiano, con qualche rapida e occasionale incursione nella cultura dell’ India e in quella islamica.
[1] È questo il caso, ad es. della Encyclopédie des mystiques, in quattro volumi, a cura di Marie-Madeleine Davy (ed. Laffont, 1972, poi Payot, Paris 1996; tr. it. : Esperienze mistiche in Oriente e in Occidente, 4 voll., LEV, Roma 2000) in cui, accanto a tutte le religioni, compaiono il “culto del genio tutelare (mistica vietnamita)”, l' “esoterismo cristiano”, la “mistica massonica”, la “mistica hippie”, la “mistica dello Yi-king” ecc.
[2] Cfr. François de Salignac Fénelon, Spiegazione delle massime dei santi sulla vita interiore, a cura di M. Vannini, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, Introduzione, pp. 7-63.
[3] Cfr. M. Vannini, Storia della mistica occidentale. Dall’ Iliade a Simone Weil, Mondadori, Milano 20103, Parte seconda, Capitolo X, <La sconfitta>, pp. 282-286.
[4] Rimando per questo a M. Vannini, La mistica delle grandi religioni, Le Lettere, Firenze 2010 [in precedenza: Mondadori, Milano 2004]. Per la discussione sulla definizione di mistica, si veda la Introduzione, pp. 13-65, come pure la Introduzione alla Storia della mistica occidentale appena sopra citata, pp. 9-31.
[5] Cfr. Enrico Suso, Il libretto della verità, a cura di M. Vannini, Mondadori, Milano 1997, p. 47. Il mistico domenicano , discepolo di Eckhart, difende qui il maestro, che aveva scritto: “Quando l'anima entra nella luce dell' intelletto, non sa più niente dei contrari” (sermone In occisione gladii, in : Meister Eckhart, I sermoni, a cura di M. Vannini, Paoline, Milano 2002, p. 144).
[6] “Con speculativo si deve intendere ciò che nel passato si era soliti chiamare mistico […] Oggi mistico significa misterioso [..] In proposito bisogna notare che il mistico è misterioso, ma solo per l'intelletto, e ciò perché il principio dell'intelletto è l'identità astratta, mentre il mistico (che significa lo stesso che speculativo) è l'unità concreta di quelle determinazioni che per l'intelletto valgono per vere solo nella loro separazione ed opposizione” (Hegel-Lexicon, Frommann-Holzboog , Stuttgart 1957 2a ed., p. 1602).
[7] Cfr. M. Vannini, Mistica e filosofia, Le Lettere, Firenze 2007. Sulla mistica come unica prosecuzione della filosofia classica, cfr. P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Einaudi, Torino 2005. In questo senso è orientata la Storia della mistica occidentale, cit.
[8] Cfr. Enneadi, I, 6, 9: “Ritorna in te stesso e guarda: se non ti vedi ancora bello, comportati come l'autore di una statua che debba risultare bella: questi toglie, raschia, leviga, ripulisce, fino a far apparire nella statua un bel viso. Anche tu togli il superfluo, raddrizza ciò che è storto, a forza di ripulire quanto è oscuro, fallo brillare e non smettere di scolpire la tua propria statua, finché a te non risplenda il divino splendore della virtù, finché tu non veda la saggezza, alta sul suo sacro soglio [cfr. Platone, Fedro, 252 d; 254 b]”.
[9] Cfr. Simone Weil, Quaderni, IV, a cura di G. Gaeta, Adelphi, Milano 1993, p. 280. Nella Lettera a un religioso (a cura di G. Gaeta, Adelphi, Milano 1996, p. 49) nota che “i mistici di tutte le religioni si assomigliano fin quasi all'identità”. Ciò ha dato spazio anche all’opinione di una sapienza antica, originaria, tradizionale, identica, di cui le varie religioni sarebbero in diversa misura eredi: così René Guénon, Fritjof Schuon, Titus Burckhardt, Ananda K Coomaraswamy , GeorgesVallin, ecc. - ma anche, per certi versi, la stessa Weil.
[10] A riprova della universalità della mistica, rileviamo come il cristiano medievale Meister Eckhart, domenicano, contemporaneo di Dante, non si periti ad affermare che il “maestro pagano” Eraclito “conobbe la verità prima della fede cristiana” (cfr. sermone 36a, Stetit Iesus in medio discipulorum, in : I sermoni, cit., p. 301).
[11] Cfr. DK 22, B, 2.
[12] Cfr. DK 22, B 89.
[13] Cfr. DK 22, A 16: “La ragione, che Eraclito fa criterio di verità, non è una ragione qualunque, ma quella comune e divina […] Questa ragione, dunque, comune, divina e per partecipazione della quale diventiamo razionali, Eraclito dice che è criterio di verità”; A, 20: “Eraclito, e con lui gli Stoici, connette la nostra ragione con la ragione divina che governa e ordina le cose del mondo”.
[14] Cfr. DK 22, B 50.
[15] “I cani abbaiano a ciò che non conoscono”, scrive perciò Eraclito (DK 22, B 97) e, contrapponendo la caduca opinione dei mortali-dormienti al Logos divino, di cui hanno parte i risvegliati: “Per la divinità tutte le cose sono belle, buone e giuste; gli uomini invece alcune cose ritengono ingiuste ed altre giuste” (DK 22, B 102).
[16] “Se preferisci che mille marchi d’oro siano tuoi piuttosto che di un altro, non sei nel giusto. Se ami una persona più di un’altra, sbagli – anche se ami tua madre o tuo padre più di ogni altro uomo. E se preferisci la beatitudine in te più che in un altro uomo, non sei nel giusto” scrive Eckhart (sermone 30, Praedica verbum ; I sermoni, cit. p. 276) . Quando però il “bene degli altri ti è caro assolutamente come il tuo”, e “il tuo onore non ti rende più felice di quello di un altro”, allora, reciprocamente, tu gioisci della gioia di tutti, tua è la beatitudine di tutti, dei santi come della Vergine Maria – una beatitudine senza fine (cfr. sermone 25, Moyses orabat ; I sermoni, cit., p. 249).
[17] Non a caso Troeltsch, il teorico dell 'a-priori religioso, rilevava la profonda affinità tra la mistica e il razionalismo, nel segno della comune universalità di leggi e di processi della coscienza, definendo la mistica come Urphänomenon (manifestazione primaria, originaria) di tutte le religioni, e Dilthey coglieva nella mistica l'origine di quella corrente di <teologia speculativa o trascendentale> nella quale emerge un libero rapporto col divino (cfr. R. Celada Ballanti, Pensiero religioso liberale. Lineamenti, figure, prospettive, Morcelliana, Brescia 2009, p. 48).
[18] Cfr. in proposito il mio Il paradosso della natura, in: Paradosso. Quadrimestrale di Filosofia, 3, 1992, pp. 43-63. Cfr. sito www.marcovannini.it.
[19] Meister Eckhart als normative Gestalt geistlichen Lebens : è il titolo originale dell'opera di Alois M. Haas che abbiamo tradotto in italiano come Introduzione a Meister Eckhart, Nardini, Fiesole (Firenze) 1997.
[20] Così lo definisce Piero Martinetti nel suo Gesù Cristo e il cristianesimo, Il Saggiatore, Milano 1964, p. 446.
[21] Così Hans Urs von Balthasar : cfr. Saggio introduttivo ad Angelus Silesius, Il pellegrino cherubico, a cura di G. Fozzer e M. Vannini, ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1992, p. 55.