L'Anticristo inventato molto prima di Cristo
di Maurizio Schoepflin, <Libero>, sabato 4 luglio 2015.
Un saggio ripercorre la storia dell’Avversario di Dio dalle cosmogonie mesopotamiche fino a Nietzsche.
Potrà sembrare strano, ma l’Anticristo è nato prima di Cristo. Ce lo ricorda Marco Vannini, noto studioso di mistica e di spiritualità, nel volume L’Anticristo. Storia e mito (Mondadori, pp.208, euro 20), quando menziona la presenza, in varie cosmogonie dell'Antico Oriente, della figura di un Antidio, «dragone primordiale, eterno avversario di Dio, forza delle tenebre, dell'abisso, opposto alla luce».
Da allora e fino a oggi, l'Anticristo non ha mai smesso di turbare e affascianre le culture più diverse, dando luogo a una storia plurisecolare di cui Vannini descrive le tappe salienti, tra cui spicca, ovviamente, quella originata dalla rivelazione bibblica. La fonte principale presente nella prima parte del testo sacro è costituita dal libro di daniele, che contiene numerose visioni profetiche: nella più sconvolgente compaiono quattro bestie che, salite dal mare, verranno sconfitte dall'Altissimo. A questo riguardo, Vannini parla di racconti mitici e di visioni fasulle, preoccupato com'è di distruggere i due Anticristi che, a suo giudizio, si sono costantemente affrontati, ossia quello vero, della fede, e quello falso, della superstizione. All'origine della verità sull'Anticristo stanno le Lettere di Giovanni, accolte nel Nuovo Testamento: in esse - afferma Vannini - troviamo l'immagine vera degli Anticristi, identificati con coloro che non riconoscono la divinità di Gesù.
È questa la tesi fondamentale sostenuta nel libro: gli Anticristi sono coloro che negano che Cristo sia veramente Dio. Essi si trovano anche all'interno della Chiesa - e a questo riguardo Vannini fa sua una celebre affermazione di Sant'Agostino secondo cui «molti sono gli Anticristi che non si sono rivelati, ma sono ancora tra noi». Rimarranno sicuramente delusi gli amanti delle battaglie cosmiche tra bene e male, del tanto temuto 666, dei riti più o meno satanici: per Vannini tutto questo è frutto di superstizione. L'Anticristo è una cosa seria e come tale non può essere lasciata a registi di serie B a caccia di effetti speciali. Ciò non toglie che nel corso dei secoli si sia sviluppata una lunga e rigogliosa tradizione concernente l’Anticristo e le sue diverse raffigurazioni: Vannini la ripercorre sinteticamente, soffermandosi su alcune delle tappe più importanti. Come dimenticare Martin Lutero che, fedele al suo carattere poco incline alle mezze misure, identificò l’Anticristo con il Papa? Vannini si sofferma poi ad analizzare diverse forme di spiritualità caratterizzate da un significativo rapporto con l’Anticristo - il millenarismo, la mistica, il messianismo -, giungendo a discutere la questione della presenza dell’Anticristo nella cultura russa a cavallo fra Otto e Novecento, dove spicca la figura del Grande Inquisitore, creata da Dostoevskij.
Un capitolo è dedicato al romanzo Il Signore del mondo di Robert Benson (1871-1914), critico nei confronti di una cristianità che, persa la fede nella divinità di Cristo, si inchina ad adorare il mondo. Anche l’islam ha il suo Anticristo e l’autore ne parla nel penultimo capitolo del libro. Si chiama Dajjlal, l’ingannatore, il nemico per eccellenza della religione: il Corano non lo menziona, ma è molto presente nei racconti dei detti e fatti del Profeta. In epoca contemporanea, a esso sono state sempre più attribuite le sembianze della cultura materialista dell’Occidente: non casualmente, fu l’imam Khomeini (1902-1989) a definire per la prima volta gli Stati Uniti «Grande Satana».
Il libro si conclude con un capitolo dedicato a Nietzsche (1844-1900), che intitolò una sua opera proprio Anticristo. Maledizione del cristianesimo, un titolo che sembrerebbe non lasciare adito a dubbi interpretativi. In realtà, secondo Vannini, il filosofo tedesco non si schierò contro Cristo, bensì contro San Paolo e contro la Chiesa, colpevoli ai suoi occhi di aver dato origine a una dottrina che con Gesù avrebbe ben poco a che fare. Interpretazione tanto suggestiva quanto discutibile.