I mistici renani. Eckhart, Taulero, Suso
I mistici renani. Eckhart, Taulero, Suso, Antologia a cura di Vannier M. A.; Vannini M., Jaca Book, 2013.
Un volume che risponde al nuovo interesse nato sulla mistica renana che parla all'uomo d'oggi. Ci troviamo, infatti, di fronte ad uno degli apporti fondamentali della cultura religiosa dell'Occidente, come notava Vladimir Losskij. Quella che oggi chiamiamo "mistica renana" è l'opera condotta da Eckhart e proseguita dai suoi allievi Taulero e Suso nel XIV secolo. La predicazione e le opere di Eckhart non sono solo la testimonianza di una straordinaria esperienza spirituale, ma anche un indispensabile contributo a cogliere lo sviluppo della coscienza religiosa e del pensiero cristiano. Il primo a dare pieno riconoscimento alla mistica renana fu un famoso pensatore dell'umanesimo, Nicola Cusano. Nell'animo umano, secondo Eckhart, è riposta una forza che genera una pienezza di umanità, l'umanità piena di Cristo: è come se Cristo possa rinascere nell'animo dell'uomo. In questo la mistica renana, anziché staccarsi dall'umano, come a volte si era sostenuto, rende all'uomo la sua piena possibilità, "potenza", che lo unisce alla piena umanità di Cristo. La presente antologia, raccolta e commentata da Marie-Anne Vannier (una grande esperta dei renani e di Nicola Cusano, con uno straordinario patrimonio di studi e pubblicazioni) e in edizione italiana a cura di Marco Vannini, permette ai lettori odierni di cogliere ciò che possiamo considerare l'estrema modernità del pensiero di Eckhart e dei suoi allievi.
Prefazione all'Edizione italiana
Varia è stata, in Italia, la “fortuna” dei mistici renani - o renano-fiamminghi, o germanici, che dir si voglia – nel corso dei secoli.
La bolla In agro dominico, con cui nel 1329 il papa caorsino Giovanni XXII – uno di quei “lupi rapaci” di cui parla Dante - condannava ventotto proposizioni di Eckhart, e con esse, tutta l'opera del domenicano, ne cancellò di fatto la memoria per secoli. Alla fine del '600 poi, le condanne del cosiddetto “quietismo”, che colpirono anche personaggi come Fénelon, rappresentarono davvero quella che gli storici francesi hanno chiamato la déroute de la mystique, per cui bisogna attendere la riscoperta da parte dei romantici e dei filosofi dell' idealismo tedesco per vedere ricomparire il nome di Eckhart, anche da noi.
Sono state sempre le intelligenze libere, non impastoiate nei dogmatismi di nessun tipo, a provare simpatia per quei “mistici tedeschi” cui Giuseppe Prezzolini, agli inizi del secolo XX, dedicò i suoi Studi e capricci (ma anche qualcosa di più, traducendo in italiano il Libretto della vita perfetta, ossia la cosiddetta Teologia tedesca) e non meraviglia che le prime traduzioni e significativi studi di e su Eckhart nel Novecento siano di personaggi come Ernesto Buonaiuti, Piero Martinetti, poi Galvano della Volpe, Giuseppe Faggin.
Diverso il caso di Taulero, giacché il domenicano strasburghese non fu colpito da censure ecclesiastiche, ma godette anzi di fama di santità. Beneficiò così di edizioni a stampa delle sue opere (nelle quali erano frammisti numerosi testi eckhartiani) e soprattutto di una traduzione latina, ad opera del certosino di Colonia Lorenzo Surius (1522-1578), che ne diffuse l'insegnamento in tutta Europa.
Il domenicano fiorentino Serafino Razzi tradusse in volgare le Istituzioni (1568) e poi la Vita del “sublime e illuminato teologo”; monsignor Strozzi, vescovo di Volterra, tradusse le Meditazioni (1556), e queste traduzioni ebbero ampia diffusione. Gli storici domenicani dell' Ordine, dal canto loro, tennero sempre viva la memoria del loro confratello: così Serafino Razzi, poi, nel Seicento, il bolognese Michele Pio, Vincenzo Fontana, Ambrogio di Altamura, ecc.
Già essenziale per san Giovanni della Croce, non sorprende perciò trovare lo strasburghese come autore di riferimento della mistica carmelitana fiorentina santa Maria Maddalena de' Pazzi (1566-1607), come pure del cardinale Pier Matteo Petrucci (1636-1701) vescovo di Jesi, uomo di santa vita, coinvolto nella infelice condanna dei “quietisti”. Un rilievo tutto particolare Taulero ha nella vita del fondatore dei Passionisti, san Paolo della Croce (al secolo, Paolo Danei, 1694-1775), per il quale fu il maestro spirituale per eccellenza. Pure sant' Alfonso de' Liguori (1696-1787), fondatore dei Redentoristi, conobbe e meditò gli scritti del domenicano, citandoli con approvazione.
Anche per Taulero, comunque, è stata la riscoperta ottocentesca dei mistici medievali germanici a segnare la rinascita di interesse e nuove integrali, più fedeli traduzioni nel nostro Paese, nel ventesimo secolo.
Ancora migliore la fortuna di Suso in Italia. Come e più del confratello strasburghese, egli godette fama di santità subito dopo la morte, per cui le sue opere circolarono ampiamente ed ebbero edizioni a stampa già alla fine del XV° secolo. Fu però il lavoro di Surius – figura davvero straordinaria di raccoglitore e traduttore di testi mistici – ad assicurargli diffusione europea, grazie alla versione latina delle Henrici Susonis Opera (Colonia, 1555, poi 1562, 1568, 1588, 1615, 1616, 1688).
Su tale versione fu condotta la traduzione italiana, ad opera del domenicano fiorentino Ignazio del Nente, morto nel 1648 in odore di santità. Mosso da evidenti fini pastorali e animato da caldissima simpatia per la spiritualità susoniana, Del Nente dette alle stampe, a Firenze nel 1642, il volume Vita e opere spirituali del B. Enrico Susone e questa traduzione ebbe grandissimo successo: fu ristampata nel 1651 e nel 1663 a Roma; nel 1666, 1675, 1677, 1687, 1703 e 1704 a Padova; nel 1706 e nel 1721 a Venezia; nel 1861 a Viterbo e Orvieto; nel 1863 a Roma.
Degno di nota è il fatto che Del Nente, nella sua versione del Libretto della verità, omise il capitolo 6, nel quale Suso difende Eckhart dai Fratelli del Libero Spirito, proprio per eliminare ogni traccia di quei sospetti di eterodossia che a suo tempo avevano pesato sui due domenicani.
Alla dottrina di Suso - dichiarato beato nel 1831, da papa Gregorio XVI - fanno perciò riferimento, con profonda stima, molti scrittori ecclesiastici italiani, a cominciare dagli stessi san Paolo della Croce e sant'Alfonso de' Liguori.
La rinascita dell'interesse per i mistici nel ventesimo secolo ha prodotto studi critici e nuove traduzioni anche per Suso: ci piace segnalare innanzitutto quella del Dialogo (= Libretto) della verità, compiuta nel 1924 da Arrigo Levasti, il solitario studioso di mistica la cui Biblioteca si trova oggi in quello stesso convento domenicano di san Marco, a Firenze, dove lavorò e morì Del Nente.
E così la secolare vicenda e alterna “fortuna” dei mistici renani, qui di necessità solo accennata, giunge ai nostri giorni, anche in Italia, con modalità e in tempi certo molto diversi da quelli in cui si svolse la loro vita. Chi scrive è comunque convinto che il loro insegnamento, non solo di dottrina, ma – appunto - anche e soprattutto di vita, sia vivo e vitale oggi più che mai.
Marco Vannini