L'Eden ritrovato

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L'Osservatore Romano, 8 aprile 2014

di Marco Vannini

“Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona”. Così nella Genesi (1, 25) si presenta la creazione degli animali, ovvero degli esseri che hanno un'anima, e quindi sono viventi, giacché è la presenza di un'anima ad essere la caratteristica di ogni vita, non solo di quella degli esseri umani. Il testo biblico stabilisce perciò fin dall'inizio una profonda vicinanza tra gli animali e l'uomo, che vivevano nell'Eden in armoniosa comunione. Del resto, anche papa Giovanni Paolo II ha affermato che “non solo l'uomo, ma anche gli animali hanno un soffio divino” (L'Osservatore romano, 11 gennaio 1990) .

Questo il punto di partenza della ricerca che l'Autore - sacerdote e monaco nella comunità dei Ricostruttori, che pratica l'esicasmo, più noto come “preghiera del cuore” - svolge in questa sua ampia, dettagliata ricognizione del rapporto che i santi hanno intrattenuto con i nostri muti compagni di viaggio su questa terra [ Guidalberto Bormolini, I santi e gli animali. L'Eden ritrovato, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2014, pp. 344, euro 18,00] I santi, beninteso, sono quelli del mondo cristiano, ma in realtà il discorso di Bormolini si muove a tutto campo, partendo dalla tradizione biblica e passando anche per le altre religioni : da quelle antiche e del mondo classico, all'islam e a quelle dell' estremo oriente. Di queste ultime, in particolare - induismo e buddhismo – è ben noto il rapporto di vicinanza verso gli animali, a un punto tale che richiedono la pratica del vegetarianesimo.

È comunque facile mostrare come in tutte le religioni al fenomeno della santità si accompagni sempre quello di un grande amore per gli animali, che a tratti assume caratteri di vera e propria simbiosi, della quale il libro fornisce un ampia, spesso commovente esemplificazione: santi che curano animali e animali che difendono santi in pericolo; animali fedeli compagni di eremiti; animali parlanti in dialogo con i santi; animali che pregano con i santi; animali e santi che si donano reciprocamente il cibo; santi protettori di animali indifesi; animali dannosi che obbediscono ai santi, ecc.

Certo, anche l'Autore sa bene che l'amplissimo materiale qui raccolto è a tratti leggendario, ma la leggenda si costruisce su una realtà di fatto, anche se poi tende a magnificarla, e il fatto è che il santo dimentica se stesso nell'amore per Dio, per il prossimo, per tutto il creato e tutte le sue creature e queste lo avvertono perciò, istintivamente, con tutta la semplicità e purezza della loro natura, come un amico. Come recita un detto dei padri del monachesimo: “trova la pace in te stesso e anche il cielo e la terra si pacificheranno per te”. L'esempio più noto per noi è quello di Francesco, ma in realtà il santo di Assisi è l'erede di una tradizione antica, che non a caso viene fatta rimontare a una mitica età dell'oro, o a un Eden, appunto, nella quale l'uomo era profondamente ed intimamente unito al cosmo tutto, e la sua “caduta” non aveva ancora spezzato l' amore cosmico, che è il destino comune della creazione. A causa della caduta originaria, della quale si parla in diversi miti religiosi – scrive l' Autore – l'uomo si è allontanato dalla perfezione originaria e in questa caduta ha trascinato con sé tutta la realtà. L'attuale catastrofe ecologica è l'ultima conseguenza di questa rottura del legame tra creatura e Creatore, che è poi anche rottura del legame tra creatura e creazione.

Nella fede cristiana la creazione stessa è però destinata a ad essere un giorno “liberata dalla servitù della corruzione per aver parte alla gloria”, giacché “tutta la creazione geme nelle doglie del parto”, scrive Paolo nella Lettera ai Romani (8, 21- 22), citata e discussa dall' Autore nel capitolo finale del libro, ove, avvalendosi dell' autorità dei Padri, soprattutto di quelli greci, sostiene come all'uomo, microcosmo compartecipe alla signoria divina, spetti il compito di ritrovare la via per il ritorno al paradiso. Molto opportunamente Bormolini fa notare che il motivo del ritorno al paradiso si trova in molte forme anche arcaiche di misticismo: l'esperienza mistica dei “primitivi”, al pari della vita mistica dei cristiani, implica il ritrovamento della condizione paradisiaca primordiale. Come scrive in proposito lo storico delle religioni Mircea Eliade, “l'equivalenza vita mistica= ritorno al paradiso non è un'esclusività giudeo-cristiana, creata dall'intervento di Dio nella storia: è un “dato umano universale di incontestata antichità”, e di questa restaurazione paradisiaca “una delle caratteristiche sarà appunto quel pacifico rapporto di signoria sugli animali che costituiva già prerogativa degli sciamani e di Orfeo”.

Anche un filosofo poco incline alla religiosità, almeno nel senso comune del termine, e cioè Schopenhauer, nel contesto molto significativo dell'ascesi con cui conclude il suo Mondo come volontà e rappresentazione, dopo aver citato il passo paolino sopra indicato, riporta con profonda e totale approvazione i versi “dell' ammirabile e incommensurabilmente profondo Angelus Silesius” nel suo Pellegrino cherubico: “Uomo, tutto ti ama! Tutto ti si fa attorno:/Tutto ricorre a te per arrivare a Dio” - versi che esprimono, anche a detta del filosofo tedesco, il mistero della redenzione che la natura attende dall'uomo, vittima e sacerdote insieme.

A proposito di filosofi dobbiamo però dissentire dal giudizio ormai corrente - condiviso anche dall'Autore - su Cartesio e il suo “nefasto filosofema” per cui l'uomo deve essere dominatore della natura, grazie alla scienza e alla tecnica: a ciò si dovrebbe quel processo che ha portato anche alla crisi ecologica mondiale. Che si tratti di un “capovolgimento del pensiero biblico” è assai dubbio: basti ricordare la celebre analisi di Max Weber, secondo cui l'ebraismo, e poi il cristianesimo, favoriscono un atteggiamento di “governo del mondo”, con quel “potenziale di razionalizzazione” che ha fatto nascere la scienza moderna. Meno noto, ma più significativo, il pensiero del grande filosofo cristiano Malebranche, secondo il quale proprio attraverso il meccanicismo cartesiano si può arrivare a sostenere la tesi della presenza divina in tutte le cose, in tutto ciò che accade nel mondo. Del resto, è inutile e sbagliato combattere una battaglia contro quella scienza di cui noi tutti ci serviamo con grande profitto, come pure sognare mitici ritorni a quell'Eden che giustamente Hegel paragona a un Tiergarten, un giardino per animali – ovvero uno zoo - dato che in esso mancava ciò che è propriamente umano: la libertà. Queste osservazioni non tolgono niente, comunque, al valore del libro, che ha il grande merito di far riflettere da un punto di vista inconsueto sullo scottante problema del rapporto uomo-natura.