Nella tradizione indiana Marco Vannini rintraccia intuizioni proprie al Cristianesimo

Sezione: 

di Beatrice Iacopini, <Il Manifesto - Alias>, 15 settembre 2013.

Marco Vannini, grande studioso di mistica di fama ormai internazionale, traduttore di Meister Eckhart, ma anche di Silesio, Taulero, Franck, ultimamente va proponendo riflessioni tanto importanti quanto originali sulla religione e una sua possibile riforma. Chi conosce i suoi lavori sa che il suo sforzo sta tutto nel tentativo di riportare alla luce quella spiritualità, per vari motivi marginalizzata nella storia ma presente in modo più o meno sotterraneo come un filo rosso nella cultura occidentale da Platone ai nostri giorni e che nel cristianesimo ha avuto in Meister Eckhart il suo massimo - non certo l'unico - rappresentante. Sulla scia di grandi maestri, Vannini mostra incessantemente come mistica e ragione non si muovano parallele o addirittura in conflitto tra loro ma siano, anzi, nelle loro manifestazioni più alte, la medesima cosa. In gico è una spiritualità che, muovendo dall'interno del cristianesimo, va oltre la dogmatica, oltre la morale, verso l'esperienza interiore dell'Uno, e che restituisce un'immagine della religione cristiana forse spiazzante, ma che a ben vedere ne coglie invece il nucleo centrale, rendendo superflui gli elementi irrazionali, mitici, addirittura superstiziosi, che l'analisi storico-scientifica oggi ha dimostrato improponibili e che finiscono peraltro per sminuire il cristianesimo, facendone un insieme di credenze buone solo per chi abbia rinunciato a pensare. A questo proposito, attraverso la presentazione del pensiero di Meister Eckhart, Oltre il cristianesimo (2013, pp. 314, € 14) ribadisce tesi già note: tuttavia è il libro che mancava nella produzione di Vannini. Qui, infatti, il nocciolo veritativo del cristianesimo - consistente nel buon annuncio del fatto che, nel profondo, uomo e Dio coincidono, e che questa pacificante e beatificante unione all'Assoluto la si può raggiungere già qui ed ora, attraverso il distacco dall'io - è rintracciato pressoché identico nelle grandi spiritualità induista e buddista. È questo «passaggio in India» (così il titolo della seconda parte del libro) che fa di Oltre il cristianesimo un'opera davvero importante e convincente: preziosa è la descrizione della «grazia specifica dell'India», quella dell'Uno, dell'advaita - l'unità profonda dell'essere al di là di ogni dualità e molteplicità - e l'indagine sulla figura del monaco cristiano-hindu Henry Le Saux , swami Abhishiktananda secondo il suo nome indiano, che ha dimostrato con la sua stessa esistenza come le due grandi tradizioni spirituali, quella occidentale e quella orientale, così diverse a uno sguardo di superficie, siano pressoché identiche a chi sappia scorgerne il cuore profondo. È un passaggio di cui molti nella storia hanno avvertito la necessità, e non solo ai nostri giorni: Vannini mostra come il cristianesimo può trovare, nella tradizione indiana le stesse fondamentali intuizioni che lo caratterizzano. Il titolo quindi non inganni: Vannini è convinto dell'intima verità del cristianesimo, ma pensa che essa sia stata fin dall'inizio sommersa e spesso tradita dalla teologia e dalla tradizione che si è venuta costituendo; a due secoli dall'Illuminismo, alla luce di tutti gli studi scientifici sul testo biblico e, in un'epoca globalizzata, ormai i tempi sono maturi perché il cristianesimo, forse sarebbe meglio dire i cristianesimi, abbandonino la loro forma storica, finita e condizionata, e riscoprano quella dimensione spirituale che è universale, che appartiene a ogni uomo al di là di qualsivoglia confine. Certo l'invito di Vannini non è per tutti, perché prospetta alle coscienze religiose un cambiamento non da poco: abbandonare dogmi, credenze, mitologie, liturgie, finanche comunità, suona paradossale e spaventoso, dato che sono proprio questi gli elementi che avvicinano alla religione i più, alla ricerca di consolazione e appoggio. Il suggerimento piace poco anche a ogni chiesa in quanto istituzione che perpetua un potere ed è evidente da sempre: non sono pochi i mistici finiti sui roghi, e non solo su quelli alimentati da legna cristiana. Ma la direzione indicata da Vannini con il suo lavoro ormai quarantennale è capace, a guardar bene, di dare senso alla perenne ricerca di verità e di felicità dell'uomo ed è tra l'altro in sintonia con la convinzione di un altro grande studioso di questi temi, Raimond Panikkar, secondo il quale il cristianesimo del futuro o sarà mistico o non sarà affatto, perché non sarà più capace di soddisfare la ricerca spirituale dell'uomo contemporaneo, impossibilitato ormai a affidarsi a credenze e mitologie, se non a prezzo di rimanere in uno stato di minorità intellettuale perenne.